UN ACCURATO E INEDITO RITRATTO DI ANNIE ERNAUX

Intervista a Sara Durantini

A cura di Floriana Porta 





1) Annie Ernaux. Qual è il marchio del suo dolore, del suo tormento?

Il dolore, la vergogna e il trauma nella scrittura di Annie Ernaux sono fortemente legati tra loro e hanno una matrice sociale e affettiva comune che affonda le radici nella famiglia e nel mondo dal quale la stessa scrittrice proviene. Quando Annie Ernaux inizia a scrivere quello che sarà il suo primo libro poi pubblicato nel '74, Gli armadi vuoti, la sua ricerca scava in quello che lei chiamerà il "mondo dominato". Si tratta di una ricerca che tenta di comprendere il posto che lei occupava nel mondo sociale e il successivo senso di colpa e vergogna per aver, in un qualche modo, tradito proprio quel mondo dal quale proveniva. Questi sono sentimenti che Ernaux capisce solo più tardi, non durante la stesura del libro tanto meno durante il periodo precedente, quello universitario, anche se lei ammetterà che i corsi di sociologia tra il '63 e il '64 a Rouen le hanno dato un'infarinatura. Saranno le letture delle due opere di Pierre Bourdieu scritte con Jean-Claude Passeron, Les Héritiers e La reproduction, ad aprirle la strada e indicarle quale direzione seguire. Questi sono gli anni dell'aborto clandestino e della morte del padre. Due eventi che, seppur in modo diverso e a distanza di poco tempo l'uno dall'altro, l'hanno segnata profondamente e l'hanno resa consapevole del passaggio a un altro mondo, quello dei dominanti. Il passaggio è stato traumatico e violento. La violenza, anche verbale, emerge nella scrittura utilizzata tanto per Gli armadi vuoti quanto per Il posto, il libro dedicato al padre. La scrittura porta in sé quelle stimmate e quelle sofferenze di chi vive lo strappo e la distanza che si era creata con i genitori già durante l'adolescenza, la distanza con l'infanzia, la distanza che stava vivendo in quegli anni dopo l'aborto dopo e la morte del padre, dopo un matrimonio borghese, lei che veniva dalla povertà (cosa significa avere una famiglia povera? si chiederà) e la distanza tra la cultura nella quale era nata e vissuta per vent'anni e quella nella quale approda diventando insegnante, scrittrice e moglie di un dirigente. Ecco il marchio del dolore di Annie Ernaux. La matrice della sua sofferenza sta tutta qui, una sofferenza che, tuttavia, non è vittimismo, pura esposizione dei fatti privati, mero esibizionismo dato in pasto al pubblico, al contrario è alimentata dalla sociologia e da riferimenti letterari quali Simone de Beauvoir e Virginia Woolf. La scrittura di Annie Ernaux è un lavoro di scavo, di estrazione delle parole per raccontare un evento, una sensazione, un'immagine. Parole che diventano la rappresentazione di un fatto e di un accadimento personale dove l'io diventa, ben presto, noi, dove, come racconta lei stessa, si tratta di perdere l'io per immergersi in una realtà più ampia, in un'altra cultura o condizione, in un dolore. Parole che costruiscono una lingua inedita, quella inaugurata da Annie Ernaux, per fermare sulla carta e salvare dall'oblio ciò che "non succederà due volte" come ha fatto con Les années Super 8, il docu-film realizzato con il figlio David Ernaux-Briot e uscito lo scorso autunno, che riunisce immagini di vita vissuta girate dal marito Philippe tra il 1972 e il 1981 mentre la voce di Annie Ernaux diventa "l'equivalente vocale della scrittura". 

2) Quando la scrittura può rivelarsi una via di salvezza?

Quando ho incontrato Annie Ernaux a casa sua per l'intervista poi confluita nel mio libro (Annie Ernaux. Ritratto di una vita, edizioni dei Merangoli) ho parlato proprio di scrittura salvifica. Trovo che la sua scrittura riesca a salvare la storia di intere generazioni dall'orrore dell'oblio. È quello che lei dice nell'incipit de Gli Anni e in chiusura dello stesso libro: salvare le immagini prima della loro scomparsa. E quindi sì, la scrittura può diventare una via di salvezza e nel caso di Annie Ernaux è una salvezza non solo personale, del suo vissuto, quello più intimo, ma è la salvezza della storia di molte generazioni. Anni fa diceva, in un'intervista, bisogna "cogliere le cose per collocarsi nella memoria di un presente senza futuro".


3) La Ernaux, sospesa tra l’offrirsi e il celarsi allo sguardo, contiene più di quanto sospettiamo?

Annie Ernaux è tutto il suo mondo e lo ha offerto a noi fin dalla sua prima pubblicazione. Come un dono elargito, dico nel mio libro. Lei scrive la sua vita e quella di intere generazioni e così facendo sta creando un'opera letteraria contemporanea senza eguali e in questo risiede la forza della sua voce e della sua scrittura, un'arma, anche politica, per combattere le differenze di genere, di classe, di razza. La sua ricerca letteraria contiene questo e tanto altro. Penso all'esergo del suo ultimo libro, Le jeune homme (Il ragazzo): "Se non le scrivo, le cose non sono finite, sono state solo vissute". Come non ricordare l'immagine proustiana della letteratura quale unica vita veramente vissuta. Per lei è così: se non scrivesse le cose, queste potrebbero svanire. È un imperativo, una necessità, un'urgenza, umana e letteraria. Annie Ernaux è tutto questo e molto altro e si può scoprire leggendola.




SARA DURANTINI

Sara Durantini (San Martino dall’Argine – Mantova, 1984) consegue la laurea magistrale in Lettere moderne presso l’Università degli studi di Parma nel 2009. Vincitrice dell’edizione 2005-2006 del Premio Tondelli per la sezione inediti con il lungo racconto L’odore del fieno, nel 2007 pubblica il suo primo romanzo, Nel nome del padre, con la casa editrice Fernandel. Da oltre dieci anni scrive articoli per riviste letterarie online e cartacee. 

Alcuni suoi racconti sono stati pubblicati in diverse antologie collettive fra cui Quello che c’è tra di noi, a cura di Sergio Rotino (Manni Editore, 2008), Dizionario affettivo della lingua italiana, a cura di Matteo B. Bianchi e Giorgio Vasta (Fandango Libri, nell’edizione 2009 e 2019), Orbite vuote, a cura di Marco Candida (Intermezzi Editore, 2011), oltre ad un approfondimento su Massimo Bontempelli accolto nel saggio L’unica via è il pensiero a cura del professore Hervé A. Cavallera (Intermedia Edizioni, 2019). Nel 2021, Sara Durantini ha pubblicato L’evento della scrittura. Sull’autobiografia femminile in Colette, Marguerite Duras, Annie Ernaux per la casa editrice di Milano 13 lab Editore. Nel 2022 pubblica Annie Ernaux. Ritratto di una vita con dei Merangoli Editrice: un accurato e inedito ritratto della vita di Annie Ernaux, scrittrice francese, insignita nel 2022 del Premio Nobel per la Letteratura. Traduzione dell'intervista ad Annie Ernaux a cura di Luigi Romildo. Copertina di Floriana Porta.
Dal 2011 cura il blog letterario www.corsierincorsi.it




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