UN POETICO INNO ALLA NATURA
INTERVISTA A UMBERTO PIERSANTI
A cura di Floriana Porta
1) In poesia l’immaginazione è
stimolata principalmente da ciò che è vago e indefinito o da ciò che è legato
alla realtà e al mondo che ci circonda?
Leopardi aveva già risposto:
tutto ciò che è diretto e immediato non riesce mai a coinvolgerci completamente
perché nella poesia c’è sempre un alone dato dal ricordo e dalla lontananza. Sullo
Zibaldone ha scritto pagine che ancora oggi valgono, non lo so se per tutti è
così ma per me sicuramente, perché la natura, che anch’io tratto e di cui parlo,
è una natura spesso ricordata in campi antichi e in cammini antichi. Il presente
mentre parliamo è già diventato passato e la poesia è legata alla memoria e
alla lontananza, ma non dico che qualche poeta possa affrontare anche il
presente e il sociale in modo autentico.
2) Nella sua poesia un
elemento cardine che unisce esperienze, visioni, riflessioni e invocazioni è la
natura. Chi ne scopre il potere abbraccia un nuovo modo di pensare e vivere la
realtà?
Forse si, quando parliamo di
natura tutti possono raccontare la natura, anche Maurizio Cucchi che pure non
ama gli alberi può nominare un platano delle strade di Milano; avere un
rapporto profondo con la natura vuol dire non sentirla come sfondo del quadro
ma come elemento dominante. Lei sa che la prima grande opera d’arte italiana dove
la natura è dominante è La Tempesta di Giorgione: nel dipinto la natura domina e
le figure umane sono in secondo piano, immerse dentro la natura. Io ho un
rapporto panico con la natura, un panismo laico, una sacralità delle cose che
non è una ricerca della sacralità trascendente. Fino a poco tempo fa, quando il
mio ginocchio me lo permetteva, salivo sulle Cesane, dormivo nel sacco a pelo
per ascoltare i fruscii, i canti della natura. La mia non è una questione
ecologica, certamente è giusto salvare il pianeta, ma la mia è una maniera totale
di rapportarsi, fisica, che poi si tramuta nella parola, e anche la parola ha
questo rapporto, mi permetto di dire quasi “fisico” con la natura. Una volta la
Spaziani disse che Montale andando a spasso con lei, raccontò questa storia: aveva
visto dei sambuchi e disse “Guarda Eugenio, i sambuchi! Non hai scritto cortine
fitte di sambuchi?” e lui rispose “Si, l’ho scritto perché mi piaceva il nome,
il suono”. Montale, grandissimo, infinito, io sono ben poco rispetto a lui,
però io non potrei mai nominare una pianta se non la conosco, se anche non l’ho
davanti agli occhi, nella memoria. Io ho un rapporto panico e totale con la
natura e credo che questa cosa si capisca benissimo anche leggendo la mia
poesia; in questo senso oggi credo di essere il poeta che ha il rapporto più
profondo e totale con la natura. Se poi questo è un modo di vivere diverso, si.
Leggevo adesso un romanzo russo “Stalingrado” di Vasilij Grossman, dove lui è
un ingegnere nucleare, un libro che parla di atomi, ancora non c’è la bomba
atomica, siamo nel ’41-43; lui esce, va nella taiga, nella foresta, sente i
rumori, guarda le cose, le volpi, gli uccelli che volano, sente il vento, e si
sente pieno di tutte queste cose. Vivere la natura vuol dire vivere una frase
anche se poi non la scrivi. In che cosa può cambiare la vita se la vivi in modo
profondo? Ho conosciuto un ricco californiano che è finito nei colli del
Montefeltro a dormire in cima ad una casa abbandonata, su di un pagliericcio,
in una natura che lui trovava particolarmente attraente in questa parte d’Italia.
Concludo questo mio lungo discorso dicendo che per me la natura è un fatto
totalizzante, vorrei che i miei versi comunicassero l’intensità con la quale mi
rapporto con la natura. Se c’è un altro elemento che mi contraddistingue è la
conoscenza delle piante, dei fiori e degli animali. La mia è una conoscenza
precisa, concreta, perché le mie parole corrispondono sempre a dati reali, del
resto la mia poesia non è solo una poesia interiore, ha bisogno dello sguardo
della natura e anche della coralità delle altre persone e delle vicende che sto
vivendo.
3) Luci, chiaroscuri, tramonti, scintillii: la luce è vitalità e bellezza. Quale opera di Leopardi, secondo lei, è pervasa più di tutte da una luce folgorante, immortale e ricca di significato poetico?
Nella poesia "La sera del dì di festa" lui sente un canto che muore a poco a poco, allora ripensa all’antica Roma. Io direi che suoni e luci incredibilmente sono un dato totale della poesia di Leopardi. Quando parliamo del suo pessimismo – perché c’era, non bisogna negarlo – però il suo stare al mondo è proprio di una natura matrigna che è indifferente a noi, non è così però nel sentire: chi ha cantato la primavera meglio di Leopardi? “Primavera d'intorno / brilla nell'aria, e per li campi esulta, / sí ch'a mirarla intenerisce il core.” La primavera è data con due luci: brilla nell’aria, e per li campi esulta. L’esultare è la luce che scorre. Credo che Leopardi sia stato un poeta modernissimo ma diverso da Baudelaire: quest’ultimo raccontava un mondo metropolitano, invece per Leopardi è molto forte il senso della natura, profondo e totale, che gli viene, secondo me, anche dalla grande tradizione classica, direi latina.
UMBERTO PIERSANTI
Umberto Piersanti è nato ad Urbino nel 1941. Le sue raccolte poetiche sono La breve stagione (Quaderni di Ad Libitum, Urbino, 1967), Il tempo differente (Sciascia, Caltanissetta - Roma, 1974), L'urlo della mente (Vallecchi, Firenze, 1977), Nascere nel '40 (Shakespeare and Company, Milano, 1981), Passaggio di sequenza (Cappelli, Bologna, 1986), I luoghi persi (Einaudi, Torino, 1994), Nel tempo che precede (Einaudi, Torino, 2002), L'albero delle nebbie (Einaudi, Torino, 2008) Nel 1999 per I quaderni del battello ebbro (Porretta Terme, 1999) è uscita l'antologia Per tempi e luoghi curata da Manuel Cohen che ha anche scritto il saggio introduttivo.Il suo libro di poesie più recente è Nel folto dei sentieri (Marcos y Marcos, 2015). È stato tradotto sia in francese, con il titolo Les lieux perdus, sia in lingua rumena, con il titolo In alt timp, in alt loc. Umberto Piersanti è anche autore di quattro romanzi, L'uomo delle Cesane (Camunia, Milano, 1994), L'estate dell'altro millennio (Marsilio, Venezia, 2001), Olimpo (Avagliano, 2006) e Cupo tempo gentile (Marcos y Marcos, 2012). Ha realizzato un lungometraggio, L'età breve (1969-70), tre film-poemi (Sulle Cesane, 1982, Un'altra estate, Ritorno d'autunno, 1988), e quattro "rappresentazioni visive" su altrettanti poeti per la televisione. È Presidente del Centro Mondiale di Poesia Giacomo Leopardi di Recanati