LA PREZIOSITÀ E LA POESIA DELLA CARTA

Intervista ad Anna Maria Scocozza

A cura di Floriana Porta 




1) La carta è qualcosa di fragile e prezioso, da maneggiare con cura. In che modo essa fa parte di lei?

Antica maestra di leggerezza e plasticità, archetipo della trasformazione e metafora di resilienza, la carta è un elemento molto misterioso e affascinante. Ha una sua sensibilità, un valore intrinseco. Materia vivente e generosa, fragile e preziosa, memoria dell’albero, parla a tutti: è poesia di preghiere vegetali trasmutate. Se la bagni si discioglie, se la bruci diventa fumo, attraversa tutti gli elementi (terra, acqua, aria, fuoco, vuoto). La carta (in particolare quella riciclata) racconta storie impregnate di vissuto e ricordi. Nella sua leggerezza e apparente fragilità, nella sua natura proteiforme, nasconde una matrice eterna e universale. Le vespe cartonaie lo sanno: raccolgono le fibre dal legno, le mescolano con la saliva e le usano per costruire nidi di carta che resistono anche all’acqua. E hanno suggerito all’uomo come dal legno si può creare la carta. La Natura, quindi la carta, è me in un'altra forma vegetale.

2) La natura ci fa stare bene, ha grandi effetti positivi sulla nostra mente. Cosa si porti a casa dopo una passeggiata nella natura?

Quando noi camminiamo, il movimento cadenzato e regolare dei passi nella camminata nella natura, produce una maggiore quantità di endorfine, i cosiddetti ormoni della felicità, che riducono ansia e stress e influenzano positivamente l'umore. Così un giorno all'improvviso, in un periodo di grossa crisi personale, per la morte di mia madre, e altri problemi fisici, ho deciso che era venuto il momento di rallentare, di percorrere quei passi, che mi separavano dal mio ben-essere, sia fisico che mentale.

 Si, avrei “camminato” il mio dolore, la mia tristezza, sarei diventata sua amica, l'avrei conosciuta e abbracciata. Avrei fatto spazio e silenzio, liberandomi dei pensieri negativi, e avrei abbassato il volume del chiacchiericcio assillante della mente, che assorbiva la maggior parte delle mie energie vitali.

Riconnettersi con il proprio mondo interiore, è un gesto d'amore verso se stessi, un percorso di crescita, di evoluzione all'aria aperta, come un pellegrino che cerca la strada giusta, ma nella sua vita. Essere consapevoli di ogni passo che facciamo, di ogni istante che viviamo, in mezzo alla natura, ci porta nel “qui e ora”, colora le nostre anime di verde speranza, ci disegna un sole giallo luminoso sulla fronte e ci aiuta a vivere la vita per quella che è, accentandola senza giudizio, in un sano equilibro di mente e corpo.

Lasciarsi alle spalle le proprie  luci e ombre, appoggiandosi per ristorarsi al tronco di un albero al mattino, al riparo fresco tra  le sue foglie, in mezzo ai suoi nuovi nidi, osservare le gocce e le collane di perle, che la brina crea all'alba, sulle reti di ragno e su ogni creatura, nei giorni d'intensa umidità, e le cose e gli esseri viventi si nascondono protetti, nella nebbia per non essere scovati ma solo evocati.

Avete mai ascoltato veramente la musica delle foglie prodotte nei giorni di vento? Ogni foglia a seconda del suo peso e misura, produce note diverse, ho udito concerti, che nel silenzio dell'alba aiutavano il risveglio dei fiori assonnati, nascosti dalla fredda notte gelata. Foglie di abete, corbezzolo, pungitopo, alberi invernali, che tremano, intonando ninne nanne natalizie, ai semi addormentati e infreddoliti, sottoterra, che aspettano sotto la sua coperta, la prossima e futura primavera. Vi siete mai fatti rapire, con lo sguardo diretto al cielo, dalle migrazioni degli storni che si riuniscono in branco  durante il volo o mentre si nutrono? Coreografie alate, dove migliaia di uccelli che si muovono all'unisono, nel cielo al crepuscolo, roteano in aria, coordinandosi, scendendo in picchiata, e quando finalmente si abbassano, per posarsi sugli alberi, il battito delle loro ali, produce un “mormorio poetico”, un brusio angelico, che ti avvolge e ti sembra di essere uno di loro, riuscire a volare, connesso, composto, formato solo da ali, piume e carne. Quel sussurro mi rincuora e grida: “Tu sei me in un'altra forma”.

Sincronizzando i loro movimenti con una tale grazia in fluide formazioni di volo, dove ogni uccello interagisce con i suoi vicini più prossimi, ma tutti i movimenti di ogni esemplare, influiscono sull'intero gruppo e contemporaneamente sono influenzati dall'intero assembramento. Moti ondosi, danze di gocce che appartengono allo stesso mare, che a noi creature senza ali... sembra un miracolo di rara bellezza e perfezione. L'unione fa la forza, cooperare è meglio che competere, siamo particolare dell'Universale, non siamo padroni di questa terra, ma siamo solo ospiti, che prima o poi se ne dovranno andare. Vogliamo uscire di scena distruggendo il nostro mondo in questo modo? È questo il futuro che vogliamo lasciare ai nostri figli?

Ecco, questo e molto altro mi porto a casa dopo una passeggiata nella natura, e un'altra certezza: noi siamo fatti di natura, noi siamo la natura, prima lo capiremo, rispettandola e riconnettendoci con essa, e prima potremmo definirci davvero umani e forse potremmo ancora salvare, il nostro pianeta e dare un senso al nostro viaggio terreno. L'uomo deve imparare ad abitare la terra con l'etica dello Spirito per evitare l'estinzione.

3) Lao Tzu ha scritto “Solo chi ha la forza di scrivere la parola fine può scrivere la parola inizio”. Che cos'è per lei un nuovo inizio?

Le catene del passato molte volte ci impediscono di vivere la nostra vita presente, anche se i ricordi sono molto importanti, ma ad un certo punto, devono trasmutarsi in concime per il nostro futuro. Non si può ridare al loro ramo le foglie che sono ormai cadute, come diceva qualcuno, tutto si trasforma, tutto evolve e si rigenera, altrimenti siamo condannati al “morire dentro”. Come si fa a cambiare? Semplice si cambia! Ci si guarda dentro, accettandosi per quello che si è, si lasciano cadere a terra le vesti del vittimismo, dell'impotenza, della presunzione, del “sempre” colpa di qualcun altro o di qualche altra cosa o situazione.  Si prende insomma, su di sé, la responsabilità del proprio agire, delle proprie scelte, si disinfettano le proprie ferite, così il veleno diventa la cura, una lenta tras-formazione, una fine che diventa un inizio, come la metamorfosi del bruco, che evolverà in farfalla.


Fetus il corpo dell'universo (filo di carta) opera di Anna Maria Scocozza
Fetus. Il corpo dell'Universo
Opera di Anna Maria Scocozza


ANNA MARIA SCOCOZZA

Anna Maria Scocozza nasce a Roma dove vive e lavora. Diplomata in Costume e Moda, ha frequentato presso l’Accademia di Belle Arti di Roma la Scuola libera del nudo e ha frequentato moltissimi corsi di specializzazione in pittura e decorazione. Come attività lavorativa ha condotto numerosi laboratori/workshop artistici-creativi e corsi di tecniche pittoriche presso scuole, musei e centri di aggregazione per adolescenti, adulti e bambini. Ha partecipato a numerose mostre collettive e personali in Italia e all'estero e le  sue opere si trovano presso Fondazioni e collezioni italiane. 

È un’artista e un’incartastorie poetica, con le sue opere canta il dolore, l’ingiustizia, la morte, la rinascita, la bellezza e la trasformazione. La carta riciclata è la sua seconda pelle, la materia preziosissima con la quale crea i suoi personaggi, gli indumenti e le maschere del suo “teatro poetico”. Sito web: www.annamariascocozzaartist.it


 



 


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