POESIA, MEDITAZIONE E SPIRITUALITÀ

 






INTERVISTA A TIZIANO FRATUS

A cura di Floriana Porta


1) Spiritualità e letteratura si servono di due linguaggi estremamente correlati tra di loro?

Ogni disciplina genera un proprio linguaggio, se ti addentri nella filosofia impari a contemplare alcuni termini che chi si occupa di filosofia tende a ripetere, a reiterare, e un tono impresso anche dalle citazioni dei filosofi di riferimento. Lo stesso se ci si occupa di astrofisica, di botanica, di architettura, di critica letteraria e così via. Dipende credo anche dal proprio percorso, se è un percorso nato dopo una formazione specifica o se invece si scrive e lentamente si raggiunge una certa maturazione espressiva, come credo sia il mio caso. Sono un artigiano, amo scrivere, ho imparato a farlo nel corso degli ultimi venticinque anni, navigando la poesia, la narrativa, la saggistica e temi legati a meditazione e spiritualità. Ma non direi di scrivere di botanica perché amo gli alberi e ne ho parlato in decine di volumi e centinaia di articoli. I libri dei botanici spesso mi annoiano, anche se sono ricchi di informazioni preziose. Credo non sia dissimile dal leggere un libro di disquisizioni giuridiche, per me mortale, ma per un giurista al contrario molto interessante, forse addirittura appassionante, chissà. Per la stessa ragione amo la poesia e mal tollero la critica letteraria applicata alla poesia, così amo le riflessioni di coloro che possono vivere nel quotidiano una propria personale spiritualità ma i libri dei teologi o degli studiosi di religioni, spesso, non sempre, tendono ad uccidermi. Ma non sono male a scansare certe tegole… Sono interessato all’individuo che cammina e poco a poco cerca di diradare le nebbie, di districare i dubbi, di penetrare le cose, le distanze, affinando un proprio linguaggio.

2) Cosa albeggia nel tuo universo?

Cosa albeggia? E chi lo sa… albeggiano e sono albeggiate tante presenze, tante domande, il tentativo di immaginare, di giocare, di cercare di capire il senso di quel che ci circonda e di noi in questo universo. Si tratta di un lungo percorso articolato. Chi abita la scrittura o comunque una forma di arte o espressione, e non lo fa soltanto per vanità e per ambizione – legittime ma non sono le spinte principali per tutti gli autori alla stessa stregua – la mette in relazione con una crescita personale. Come tanti mi sono avvicinato alla scrittura nei miei primi vent’anni, al tempo furoreggiavano Pennac e Baricco, era esplosa da poco la Banana Yoshimoto e la nuova letteratura giapponese, le prime Nothomb, i primi Mauro Corona. La poesia ovviamente era nascosta ma comunque rispettata, infatti avevamo la fortuna di avere in vita ancora delle figure di grande rilievo, come Raboni, come Mario Luzi, come i poeti dell’antologia Novissimi, quella uscita per Einaudi nei primi anni Sessanta, a parte Antonio Porta che se ne è andato troppo presto. Avevamo i dialettali, come Baldini e Loi, la Frabotta, insomma, c’erano dei grandi incontri che si potevano fare. A mio parere la loro scomparsa ha lasciato un vuoto che i poeti delle generazioni successive, per quanto appassionati e interessanti non sono riusciti a colmare, ma con questo non voglio dire che in Italia oggi non ci siano ottimi poeti e ottime poetesse, al contrario, ne abbiamo per fortuna molti, molte voci, ma nel mio sentire non sono così originali e forti, integri, come sono stati gli esponenti delle generazioni precedenti. Opinione del tutto personale.

Sono un solitario da sempre, non geloso della mia solitudine, le persone mi piacciono ma non amo tante epidemie oggi devastanti, sfibranti, che camminano e a gran passo nelle patrie lettere. Si incontrano sempre più spesso autori, editor, giornalisti, “esperti” che tentano costantemente di dividere il mondo – degli artisti, degli autori – in due o tre classi, con una ristretta elite che si celebra costantemente in toni eccessivi. Resto il figlio di un falegname e di una cucitrice, non amavo da bambino il compiacimento e quella prepotenza che vedevo nei figli delle buone famiglie benestanti, e non amo nemmeno ora, da adulto, l’arroganza della gente, figuriamoci se la accetto nel mondo della poesia o delle arti. Ma lo spettacolo è davanti agli occhi di tutti. E dunque continuo a scrivere, amo i boschi, gli alberi, la natura, la lettura, la fantasia, e scrivere. Il mio tempo da adulto si è consumato facendo soprattutto questo, leggendo e scrivendo. E dunque proseguo, cercando di rinnovarmi, ad ogni nuova opera tento di fare qualcosa di nuovo, per me. Per fortuna anche se non mi seguono le folle, ho maturato un bacino di lettori che mi accompagna, e nel tempo chi mi consente, tra editori e organizzatori, di portare avanti questo minimo artigianato letterario. Certo, non sono un “cenista”, da quel che vedo è più importante andare a casa degli autori, dei giornalisti e degli editori giusti per celebrare il rito di certe nutrite tavolate serali, piuttosto che saper scrivere bene. Ogni tanto mi dico, sorridendo: Fratus, hai proprio sbagliato lavoro.

Ma alla fine, battute a parte, non posso lamentarmi: se ripenso a quando ho iniziato, un quarto di secolo fa, ammirando come fossero degli dei gli scrittori che mi piacevano, i Busi, i Moresco, i De Luca, le Agota Kristof, i Biamonti, i Cassola, i tanti poeti americani, e gli editori che li pubblicavano, oggi, alle soglie dei 50 anni, posso guardare alla mia avventura con un sorriso. Sono stato pubblicato da Einaudi, seppur un piccolo libro, da Mondadori, da Feltrinelli, da Bompiani, addirittura da Laterza, la casa editrice dei professori, io che sono a mala pena un autodidatta. E da diversi editori più piccoli ma ricchi, interessanti, con cataloghi di rilievo. Sono grato di questa esistenza, anche se non ho mai conosciuto il successo clamoroso, il premio nazionale che ti cambia la vita. Evidentemente è così che deve andare.

3) Tutti noi vogliamo diventare qualcos’altro scrisse Kim Chunsu. Tu che cosa vorresti essere?

Non conosco questo autore, da quel che capisco mi pare un coreano, dico male? Io direi che molti vogliono diventare qualcosa, non so se sia corretto dire qualcos’altro. E poi ci sono persone che sono proprio quel che vogliono essere e vivono proprio come piace a loro, ne ho conosciuti diversi, donne soprattutto. Forse questa frase vale in modo speciale per gli artisti che nutrono delle ambizioni, anche se ci sarebbe da soffermarsi su che cosa si intenda per ambizione. Nel tempo mi sono adattato, mi sono costruito il mio piccolo angolo di mondo e mi sono messo alla prova, lo faccio ogni giorno, e come diceva un monaco zen che ho incontrato tempo fa, il problema non è la fatica che provi a percorrere la via, il problema è che pensi che ci debba essere un problema, il tuo percorso è l’unico modo che hai per avanzare.  


TIZIANO FRATUS

Tiziano Fratus (Bergamo, 1975) ha cucito i passi di una storia umana, arborea e spirituale, compresa fra “la carta e la corteccia”, coniando concetti quali Homo radix, Dendrosofia e Silva itinerans. Buddista agreste e nomade editoriale, Fratus ha scritto per quotidiani e periodici ed è autore di una costellazione di opere che abbraccia poesia, narrativa, saggistica e fotografia, capitoli di un vasto silvario pubblicato da editori di ampia diffusione e da marchi indipendenti. Tra le opere più recenti Il bosco è un mondo (Einaudi), Giona delle sequoie (Bompiani), Sogni di un disegnatore di fiori di ciliegio (Aboca), Alberi Millenari d'Italia (Idee Feltrinelli - Gribaudo), Ogni albero è un poeta (Oscar Mondadori) e Sutra degli alberi (Piano B). Ha ideato e condotto trasmissioni radiofoniche per Radio Francigena, attualmente è voce dei grandi alberi per la serie di podcast Radio Arbor - Gli alberi parlano e la trasmissione Geo di Rai 3. Le sue poesie sono tradotte in undici lingue e pubblicate in venti paesi. Sito web: https://studiohomoradix.com/







 



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